Le Mirabolanti Avventure di mia Suocera

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Mia suocera e la TV
La televisione è il miglior passatempo di mia suocera ma è anche la sua terribile condanna. Purtroppo conosciamo tutti quali nefasti effetti produca sulla psiche umana il tubo catodico: alla fine della giornata, dopo ore di radiazioni, di chiacchere nonsense, di pubblicità e di talk-show, non abbiamo capito veramente un tubo.
Lei si alza puntualmente alle 5 del mattino, tira la prima orrida alitata nell’aere circostante e, per prima cosa, accende la TV, regolarmente su Rete4, dove sta per terminare un film assurdo con Nino D’Angelo (chiedetevi perché è così biondo…). Logicamente, anche ad ore antelucane (!), parte inesorabile il primo rotolone di spot, contenente tutto quello che la brava massaia deve comprare per essere competitiva con le altre: carta igienica (lei che è stitica da quando ama segretamente Mike Bongiorno)), Tampax… (lei che è in menopausa da 15 anni), Amaro del veterinario (???), Fiat 600 con barre anti-intrusione e anti-alito, Acqua Panna (l’unica acqua che si può anche montare) che ti fa sentire leggera (lei che è 125 chili) ed infine l’odiosissima colla per dentiere che lei usa regolarmente da tempo immemorabile.
La programmazione mattutina di Rete4 l’assorbe totalmente: dopo un TG per sordomuti, grazie al quale ha imparato a comunicare con il suo pesce rosso, parte una colossale sfilza di telenovelas messicane, argentine e cecoslovacche che tirano a campà da circa 3400 puntate sull’amore contrastato di alcune avvenenti fanciulle nei confronti di altrettanti avvenenti industrialotti e gagà sempre pieni di soldi: mai un cassintegrato!
In questo calderone ai limiti della vergogna, mia suocera perde ogni cognizione di spazio-tempo, imbevendosi di tutto quello che gli propinano. Le orbite oculari scavate, gli occhi bianchi, lo sguardo torvo da cobra con gli occhiali, la bava alla bocca, sono i sintomi di questo stato para-comatoso da telenovela: le storie sono tutte uguali e si auto-replicano all’ennesima potenza. Alla fine di questo indecente tour de force, mia suocera si ritrova a congetturare sull’ineluttabilità della vita, avvicinandosi a tematiche leopardiane, ma soprattutto determinando in sé stessa uno stato di pericolosa prostrazione.
Verso mezzogiorno, dopo essere finalmente uscita e inseguita dai soliti due “Tornado” dell’ Aviazione Americana durante le sue peregrinazioni commestibili, torna a casa trafelata, fra un clap-clap-clap e un’alitata furtiva, trovando ovviamente il televisore già acceso su Rete4. Emilio Fede sta recitando il suo solito panegirico sul nuovo Capo del Governo, che lei odia profondamente senza motivo apparente: infatti per lei la politica è un oggetto misterioso, la “Sinistra” è a sinistra e la “Destra” è a destra, immaginate dove stia il “Centro”.
Il culmine della sua giornata teledipendente, comunque, viene raggiunto con la “Ruota della Fortuna” che non perderebbe nemmeno se su Rai1 ci fosse la finale di Coppa del Mondo Italia-Brasile (a patto che nel ruolo di ala destra non giochi Mike Bongiorno), nemmeno se Canale5 diffondesse in diretta un intervista di Enrica Bonaccorti a Rocco Casalino del Grande Fratello, nemmeno se apparisse Gesù Cristo annunciando la Fine del Mondo a reti unificate!
La “Ruota della Fortuna” è un quiz che l’appassiona e la conduce verso voli pindarici di apprendimento e di convincimento, un estasi, una droga, insomma… una tavanata galattica che produce uno share d’ascolto pari allo 0,25% dell’audience nazionale: mia suocera, in genere, non riesce mai a dare la soluzione, per lei quella frase misteriosa è arabo totale fino alla fine.
Poi, una volta, che il concorrente risponde e dà la risposta esatta, la nostra eroina esce allo scoperto alitando la frase come se l’avesse indovinata, stupendo tutti per faccia tosta e fetentissimo anacronismo.
Nella sua tele-giornata avvengono anche sconfinamenti in altri canali, piccoli tradimenti contro Mediaset che la nostra donna compie sapientemente di nascosto: bieche soap-opera abbruzzesi con attori non professionisti, trasmesse da una poco nota emittente locale, in bianco e nero, probabilmente il meglio della TV-spazzatura (uno dei protagonisti è un operatore ecologico). E ancora: agghiaccianti consulti in diretta con infami cartomanti dai nomi improponibili, di aspetto truce e parlantina sciolta, che ti conducono alla verità per sole 2836 lire al minuto + IVA; qualche mese fa mia suocera spese la bellezza di 329.737 + IVA zucche con una di queste, la sedicente Iris, di origini russe ma in realtà residente dalla nascita a Caprazoppa in provincia di CB: dopo un giro di due ore di convulse telefonate, che hanno determinato un preoccupante allargamento del buco dell’ozono e una spessa coltre di nebbia in Valpadana, ha emesso il seguente vaticinio: “hai grossi, grossissimi problemi di alitosi, dovuti essenzialmente al fatto che non ti lavi i denti dal 1968. Per il resto sei una fragile e diafana creatura che crede ancora in Babbo Natale e nelle fiabe, ma soprattutto alle fandonie che ti sto snocciolando da 120 preziosissimi minuti”. Fu questa ultima frase che la convinse a chiudere l’apoteosi di quella terrificante serie di telefonate: bianca come il latte con mirabolanti occhiaie da notti brave, l’orecchio destro terremotato, un principio di morbo di Parkinson all’anca, un insolito tic al naso per respingere la scivolata degli occhiali, mentre Rete4 ripartiva nella sua programmazione fanatica ed irriverente con uno special atomico di Emilio Fede sugli inganni del numero telefonico 166.
Mia suocera



Vi è piaciuta la prima storiella? Fa parte di un libro che devo ancora ultimare, ma che presto troverete nelle migliori erboristerie della vostra città.

Noto parroco sciatore e molestatore Vacanza sulla neve

Nel 1973 la Parrocchia del suo paesello decise di riunire i fedeli per organizzare una gita all’Abetone. Il Parroco, un esperto sciatore, (alcuni affermavano che era Zeno Colò durante una sua crisi di misticismo)
informò la popolazione che la Domenica delle Palme, invece di svolgere la solita noiosissima Messa, sarebbero tutti andati a pregare sulle nevi immacolate delle alte vette garfagnine per la modica cifra di 24.000 lire a cranio: chi era interessato doveva preavvertire la perpetua e scucire sull’unghia i quattrini. Mia suocera si convinse che era opera caritatevole e meritoria provare l’ebbrezza degli sci e decise di essere della compagnia!
Partirono all’alba tragica di una Domenica polare (-18°) con le palme in mano, un sacco per il bivacco, una vacca per il bisacco e tanta pia gioia nel cuore, a bordo di uno scellerato FIAT Tigrotto militare del ’65 con soli posti in piedi (!): la comitiva era composta da 62 donne religiosissime, di età media 70 anni, devote del Papa e di Don Zeno, il loro amato parroco, al volante la perpetua di 88 anni, “freschissima” di patente.
Durante il tragitto, 102 chilometri di tornanti e serpentine, intonarono litanie e canti gregoriani, “Mattinata” di Albano Leoncavallo, “Come saprei” di Giorgia, “Je t’aime, moi non plus” di Adamo ed Eva, “Sei un mito” degli 883 riferito a Don Zeno: Suor Clotilde, 79 anni, una timidissima e pelosissima religiosa del Convento delle Orsoline, tentò anche di baciare il Parroco ma fu respinta decisamente con questa frase sibillina: “Dopo!”. Non fece in tempo a replicare perché finì fuori dal finestrino, in una curva a 180° fatta in stile Hakkinen dalla perpetua, urlacchiando “Like a virgin” di Madonna… Fu recuperata dopo mezz’ora di ricerche in una foresta adiacente alla strada: credeva di essere Enzo Braschi, il “paninaro”, e profferiva insulti irrepetibili.
Finalmente giunsero alla meta, prostratissime ma felici: il Parroco le accompagnò verso le postazioni sciistiche, ma quasi tutte si rintanarono in uno squallido bar a giocare a carte: la colonnina del mercurio segnava implacabilmente –18°! Mia suocera, una delle poche a non temere il gelo, visti gli strati adiposi, s’involò assieme ad altre tre comari ottuagenarie, alla ricerca di un paio di sci. Don Zeno era già scomparso alla vista dei loro occhi a bordo di uno ski-lift.
La scelta degli sci fu difficilissima, per mia suocera: data l’insolita conformazione dei piedi a zattera, non esistevano attacchi che corrispondessero alla misura giusta. Dopo un’ora di contrattazioni e di risolini da parte del commesso, le diedero un paio di slitte da bimbo, gliele legarono alle estremità e la legarono al gatto delle nevi, che la portò drammaticamente a quota 3600 dove c’era Don Zeno vestito di soli boxer che stava assaporando un bel sigaro e le sorrideva giulivo: aveva già una clamorosa abbronzatura, in pratica era fortemente ustionato dappertutto eccetto nelle zone occipitali, dove era bianchissimo sotto gli occhialoni da motociclista che indossava.
Lei invece era la copia in cera dell’Omino Michelin, 125 kg. di bontà in olio d’oliva, un terrificante Tonno Insuperabile pronto ad esplodere alla minima oscillazione, un nauseabondo corollario di lipidi e grassi polinsaturi con indosso una tuta bianca vinta a “Lascia o raddoppia” nel 1955, due spaventosi scarponi spaziali (erano stati usati da Aldrin in occasione del primo allunaggio), elmo militare in bronzo di epoca fascista e, al posto delle racchette da neve, due scimmittarre originali Taiwan del XIII secolo.
Intanto era calata una nebbia come non si vedeva da epoche immemorabili, Don Zeno continuava a sorridere e così rimase per 20 anni, lassù, immobile e ghiacciato, con il sigaro in bocca e le spettrali orbite oculari a mirare il paesaggio: mia suocera era davanti ad un canalone praticamente verticale, nel dubbio atroce se restare lì per sempre con Zeno o gettarsi a capofitto. La temperatura si era inoltre notevolmente abbassata e il suo alito pestilenziale produceva nuvolette solide che prendevano forme anomale, ora pescimarciforme,
ora gorgonzoliforme, immagini ideoplastiche alimentari e di dubbio gusto!
All’improvviso una bava di vento la scosse e la fece precipitare giù nel canalone a velocità inaudita, mentre i due implacabili “Tornado” dell’aviazione USA venivano allertati dalla Sorveglianza Planetaria causa UFO: un oggetto di forma sferoide stava viaggiando nello spazio-tempo, forse una sorta di buco nero di colore bianco stava minando le sorti della Terra, bisognava intervenire immediatamente! La caccia all’ufo si protrasse per svariate ore, mentre a valle uno stolido e compassato addetto delle Pompe Funebri attendeva la vittima, in compagnia di 61 donne molto avanti negli anni, assorte in preghiera e in canti afro-irpino-cubani: ad un tratto si scorse, fra la nebbia e gli alberi, un proiettile biancastro che scendeva a zig-zag in perfetto “kristiania”, una specie di Enzo Maiorca delle nevi, un Gustav Thoeni degli abissi, una creatura mostruosa: mia suocera aveva perfettamente imparato a sciare! Allora si udirono due squilli di tromba, l’Angelo dell’Apocalisse era giunto a comunicare la Fine dei Tempi, tutto l’Abetone si fermò in grande contemplazione ed ammirazione, il silenzio era diventato d’obbligo: il proiettile bianco stava terminando la sua corsa! Due forti colpi, causati dal superamento del muro del suono e da un immenso peto orgiastico imploso nella tuta, squassarono poi l’aere circostante e alla fine, con una mirabolante veronica alla Falcao, mia suocera, il proiettile bianco della Garfagnana, frenò sapientemente davanti alla popolazione attonita sollevando tre tonnellate di materiali vari e seppellendo l’intera comunità sotto due metri di neve.
Il ritorno a casa fu trionfale: cantarono ancora “Sei un mito” in onore di Don Zeno, che era rimasto inspiegabilmente a guardare il panorama a 3600 metri di quota e Suor Clotilde fece pure uno spogliarello intonando “You can leave your hat on” di Jo Cocker”…